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Full text of "Publio Scipione Emiliano. Azione Accademica"

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EMILIANO. 


Azione Accademica 
Da rapprefentarfi nel Giorno Natalizio 
DEL SERENISSIMO SIGNOR 


PRINCIPE DI MODENA 
NEL DUCALE TEATRO GRANDE, 
Compofta, recitata, e dedicata» 


All Altezza Sereniffima 


DI RINALDO L 


Duca di Modena, Reggio Mirandola, &c. 
DA’ SIGNORI CONVITTORI 
DEL COLLEGIO DE’ NOBILI, 


Biblioteca Antica 


MODENA 


at... 0. se 
Per lo Capponi "= velo ; Dai 
«Con Licenza de’ Superiori. 


del Collegio S. Cart 7 


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ARGOMENTO. 


3) Tabilitafi dal Senato Romano 
la guerra , che fu la terza Pu- 
nica, per: efpugnar finalmente 
Cartagine, fu appoggiata l’im- 
prefa a due Confoli Lucio Mar: 
‘zi0;. € Manlio Manilio, i qua» 
i li, doporaver celebrati Giuo- 
chi Secolari ad onore di Iite 
fecondo le prefcrizioni de’ Libri Sibillini , paffaro» 
no in Africa all affedio di quella Città. Lo fo» 
ftenne ella vigorofamente per lo fpazio di due an- 
ni con diverfe vicende di fortuna, riufcendo più 
volte vani i tentativi de’ due Confoli., uno de! 
quali in una imbofcata reftava vinto da Afdrubale 
Generale de’ Cartaginefi, fe non era foccorlo da 
Publio Cornelio Scipione Emiliano .. Era egli pa: 
to di Paolo Emilio ; che avea loggiogata Ja Ma- 
its 2 


‘cedonia , 


cedonia , e lo avea addottato per fuo il Figlio del 
| grande Scipione Africano, quafi foffe defltinata la 
famiglia de' Scipioni all’ eccidio dell Africa. Egli 
per lo fuo valore , benchè in età sì frefca , che fe. 
condo le Leggi non era capace della Dignità 
Confolare, fu acclamato Confolo dal Popolo: e 
dichiarato poi tale ancor da Senatori affunfe il {u- 
premo comando dell’Armi, e fi diede adefpugnar 
l’oftinata Cartagine . Fece Quefta incredibili sfor- 
zi, tifoluti i Cittadini di prima morir tutti avanti 
di veder diftrutta la loro Patria 3 ma. finalmente 
fu coftretta a mirar gli. affalitori Romani fulle fue 
mura, dopo aver già Scipione in battaglia campa» 
le fconfitto Afdrubale , che venne a darglifi per 
vinto con quaranta mila nomini ; ancorché la mio» 
glie con prieghi e pianti rentaffe da un atto sì ver- 
gognofo rimoverlo. Veduta i Cartagineli già di- 
fperata la lor (alvezza, diedero eglino ftefli il fuo- 
‘co a Cartagine per torre a’ Romani il vanto d' 
averla effi: diftruttar eta moglie di Afdrubale {i 
gittò con due figli in quel’vafto incendio, da cui 
in diecifette giorni con. altiffime fiamme fu confu- 
Iata, e ridotta in cenere quell'infelice. Città nell’ 
anno 700. della fua Fondazione, e604., o pure 
605. fecondo il Petavio, e Bafnagio da -quella di 
Roma. Lucio Floro lib. x. cap. 15. Epitome Liviana 
lib. 49.3 Si. e 52. Eutropio kb, 4. Orofio kb. 4. 
cap 23. | 
La dedizione d’ Afdrubale con quaranta mila 
uomini , (la qual pare incredibile allo feflo Floro, 
SAS Pe che 


\ 


che la racconta, e che, fe non foffe riferita da Sto* 
rico sì degno, non potrebbe concepirfi in ‘Poefia, 
sì poco ha del verifimile) ha dato. motivo di pen: 
fare a qualche occulto difegno; che in rifoluzione 
sì lontana dal fuo coraggio, e sì difdicevole a un 
Generale d’efercito aver potefle lo fteffo Afdru- 
bale. Cosi pure han dato campo ali idea d' una 
congiura contro Scipione altre notizie tratte dagli 
accennati Storici : e fono la divifione del Regno-di 


Maffaniffa: la reftituzione delle Spoglie a' Siciliani: 
e la pena data a’ rubelli Romani d'effere efpoftì a 


lottar colle Fere. Con quefti tratti di Storia fi è 
formara la teflitura dell’ Azione. 3 


A TE 


SCIPIONE: EMILIANO Confsio di Roma: 

Si 19. CovCanto:Carandini Modenefe Decano del 
i ‘ollegio Principe. di etereo N27 nto, 
=g Armio 


At FE 


TESTO 


- ASDRUBALE General de Cartagineli. 


Rinaldo:de-Cumani: Paaguavo: Accade: 
ito di Letvere, e d Armi. 


; MANCINO Legato di Roma: 


i Coin: Ge 
Sigg «Co A Giacomo SAR Modenefe 
| MICISSA ) : 
Sig. ro Girmi Flo ) 3 
| _ rentino, ) Figli di Maffani(- 
GOLOSSA. 


) fa e già Re di Nu- 

Sig. March. Giofefo Meli ) midia, 
Lupi di Soragua Nobile.) 
Veneto. 
OTTA CLAU, 


r 


CLAUDIO. 
Sig. March. Ignazio Natta 
da Cafal Monferrato, 
VALERIO. 
e Sig. March. Girolanio Gui 
riert Mantovano Acca 
di Lettere. 


argiculi pocingi 


La Séenia è nel Campo. di 
Scipione fotto Cartagine. 


E 


ts +08 409 +08 
PROTESTANO 
"Gli Autori d'avere fcritto da 


iù Poeti, e di credere da Cat. 
tolici. 


Le #08 Lu 4% 


AZIO: 


1) 


AZIONE. 
;_ PRIMA, 


dll'aprirfi della Scena fi vede una Dorina Romana prender 
fonno foura d'un fafo, e nel fondo della Scena una ‘gran Ru 
pe. Efcono quindi [ei Cavalieri Romani con dardi; ‘ein dan 
zare formano una lotta gioftrando: contro gran Serpe, la qual 
tenta Sempre «di accoftarfi all’ addormentata Donna, ed all 
ultimo della Giofra, gittandofi furiofamente fopra di cfa, è 
refpinta dalla Sibilla ufcita improvvifamente dallo Speco aper 
tofis dentro il quale fi vedrà il Tempo 4 congreffo con gli An- 
ni, che varj fimboli gli prefentano. La Sibilla dopo aver di. 
firatta la Serpe dalla tentata uccifione portafi con. paffi gravi 
a fvegliar la Matrona, la quale facendo atti di ringraziamen: 
to ritirafi feco nella Spelonca. Formano allora i fei Cavalieri 
una lieta danza interrotta più volte da (ri Africani, che ten 
tano di turbar la lor Fefta, battendo alcuni frumenti, fin 
chè ufciti dalla Spelonca gli Anni, e tolti‘4'j Romani i dar- 
di cacciano furioJamente gli Africani, reftituendo poi P armi 
a i Romani. Danze indi il Tempo, e la Matronaz: mentre 
gli Anni vanno nella Spelonca, e prefe corone 4’ alloro , ed 
una cornucopia di frutti fi reftituifcono poi a lor Pofi, e dan 
zano fuccefivamente con gli altri Perfonaggi , prefentando 4’ 
Romani, cd alla Matrona le cofe tolte dalla Spelonca . 


PRI PES Lana tai a ii Udi . Sei. 


(IL) 
Scipione, Mancino s Glavdio, Valerio, Miviffa sé Goloffa: 


ba L fin vincemmo,; o Prodi, e dopa'tante 
A 3 a 
Afpre battaglie, e.tante rie vicende 
Di guerra, al fine fù per noi la forte. 
Giufto ora è ben, che lieti fegni in volto 
: «Vi. sfavillin.di gioja, ech’alto intorno. 
Si felteggi un tal'dì} che alle Latine . 
Arme compiuta diè chiara vittoria. 
= Oggi la fempre forte, e fempre fiera 
‘uv Cartago®winta; Èwinta-in: Mar Cartago, 
+ E' vinta in campo, ‘e le feroci fchîere > 
= Sconfitte fon.da noftri feeri; el ampie 
—. \Aeree mura.ora occupate; e pefte.  \\ 
‘> Dai Romani guerrier:. gli ultimi sforzi. _ 
cu Ha fatti la Giteade ce fattitin vano >: 
su Ora piùcontraftar non puote a Roma... 
» Del Mondo il vafto Impero. Oggi trionfa 
La Patria noftra, e più.temer non dee 
Il volger di Fortuna ‘infida; e cieca. 
»è «Ah gran-Padre Nettun, fa, che fecondi 
Spirino.i venti alla già fciolta nave... 
Dalle Africane fpande-il\liéto: annunzio... 
ai Ad arecarle; onde del grande evento | i LL ua 
° «La%tardanza ‘non.fcemi il pregio; e\poffa. ci 
> «x Roma.tofto-effer grata al'fuo deltino. 
Manc. Magnanimo Scipion;: alte tuè' getta - 
II valer fommo, e le fublimi imprefe 
Sono il men di tue glorie: il maggior vanto, 
- Che adorni il tuo gran nome, è Peffer giufto; 
Perciò al deftin di Roma or tu intera 
Vittoria afcrivi, e a Iui fi debbe: i Numi 
_ Roma han fcelta a regnar full Univerfo. 
Golf No; che giufto non è, Scipio; o fol tale 


i 


Egli 


Scip. 


Golo 


(IK) 

Egli è, per effer pio verfo gli Dei; 
Cui del gran fatto render vuol la gloria: 
Voi giufti effer :dovrefte almen Romani, 
E rammentar,..che pel valor. del faggio 
Inclito Duce ora Cartago è in ceppi. 
Il deftino di Roma ha vinto, è vero; 
Ma di Roma il deftin nel braccio invitto 
Era di Scipio, e decretaro i Numi, 
Che per mano di lui fconfitta foffe 
La fuperba Città. Poichè del voltro 
Senato augufto fur concordi i voti - 
Di abbattere Cartago, i Padri a Marzio, 
Ed a Manilio Confoli fidaro 
Una tant’ardua imprefa, e alle Africane 
Piagge i temuti effi portar veflilli, 
E intorno cinfer di feroci fquadre 
E di belliche machine le mura; 
Ma vani furo i loro sforzi: ancora. 
Stava in piedi Cartago, e del Romano 
Sangue cingeva il fuol; quindi gli occulti . 
A fvelar de gli Dei Decreti eterni 
Un de Confoli volfe il pafo a Roma. 
Allora fu.... 

Deh il rammentar, che giova; 
Golofla , i troppo per noi_trifti_ eventi, 
E la gioja turbar di quefto giorno 
Con funefti racconti? I fortunati 
Succefli furo fempre in man del fato, 
Non in noftro poter. 


of: Lafeia, Signore, 


Ch’io parli: già tu dai la gloria a Roma 


Delle tue illuftri imprefe, e per la gioria. .. 


Di Roma io parlo. Allora fu, che l’altro 
De' Confoli, dal cui fol cenno il Campo. 


Prendea le leggi, e il moto, omai già fcorto,.. 
A 2 Non 


IV.) 
Non poterfi da luì vincer Cartago; 
Afdrubale infeguir tentò; che'ad arte i... >» 
Sera con forti‘ {chiere in folto bofco kx 
Pofto all’aguato» e-tanto osòd l'audace: i. 
Contro il parer del faggio Scipio , allora pui 
Già femplice Guerrier, non acclamato 
Confolo, e condottier d’armi primiero. 
Tanto il Confolo osò fol per configlio 
Di quei; che:per invidia il:volean vinto. : . 
Quefta è la voftra fol colpa, o Romani; 
L' invidia; perchè troppo fortunati 
V'inviaiate YWun l'altro la-gloria 


De gli alteri trionfi.) 0/3 cene ao 
Manc. (Ah queto fcaltro 1 

Numida in cuor mi-ha letto!) j 
Goloff. ; Avean già il piede 


Pofto in la felvarofcura:; € Cinti intorno _ 
Da i Soldati Africani ufciti, fuore 
Da’ teli aguati érano. i guerrier.voltri, 
E già cadean focto de’brandi oftili;. 
Quando il forte Scipion con pochi folo 
De’ fuoi cavalli a lor. pronto foccorfo 
Diede , da lungi il gran periglio fcorto,. . 
E liberò da fervitude yvo-motte 
Il Confolo mal cauto, e le-fue fchiere . 
Scip. Memorie intempeftive: or folo bafti, 
Che la Patria ‘trionfa; e omai fi taccia, 
S' ella pria foffe o vincitrice, o vinta. IRA 
Golof: Deh permetti, 0 Scipion, ch'io ancor mon tacca. 
© Dai gloria a Roma, e fol per Roma io parlo. 
Mancino fteffo il fuo Legato, e allora. 
° Dell’ efercito il Duce ebbe la forte 
Di cigner la Città di forte affedio; 
Ma non già d’efpugnarla. Ah certo il Cielo 


Serbata avea quefta conquilta altera Pe 


V.). 
De’ Scipioni al valor { mentre al famofo 
Tuo grand’ Avo, cui poi'1° Africa: vinta 
Diè il Nome d’ African, vincer fu dato... 
L'oftinata Cittade: ora il Nipote 
La forte ha d’efpugnarla. Efia cadere 
Senza di te, Signor,.già non potea. 
A gloria tal fcelfe i Scipioni il fato: i 
Di Roma augulta per la gloria io parlo, 
Mentre a Roma tu fei figlio; e qual figlio! 
Scip. Bafti oramai: troppo parlafti ancora ù 
Per la gloria di Roma... ! 
Moi. Eccelfo Duce; 
Soffri, ch’ei parli: giufta ha ben ragione 
Di parlar per tua gloria: allorchè il Regno 
Di Maflaniffa Padre mio trà noi 
Tu dividefti, allor render ti piacque 
A me Goloffa eguale, a me già nato 
De’ fratelli il primier. { 
Scip. Penfi, o Miciffa, 
Di rimprovero farmi, e pur condanni 
Il Re tuo Padre: fu voler di lui, 
Che in guifa tale di Numidia il Regno 
Foffe divifo: a me l’arbitrio intero 
Lafciò di tal partaggio; ed io în favore 
Non l’ufai di Golofsa; il qual più degna 
Era di te, mentre fua fede intatta 
Sempre mantenne a Roma. Apprendi al fine 
Dal tuo Germano a favellar più giufto. 
at Oggi depreffa intanto abbiam, mici fidi 
La nemica Cittade, e pur compiuto 
Non è il trionfo ancor, poichè il nemico 
Afdrubale è bensì vinto, e fconfitto, 
Ma prigioniero ancor non è de’ noftri . 
Val, Quelto:è quel vanto fol, che a° trionfanti 
Romani niega il Ciel; vincon Gartago,. . .._ ta; 
: ; * \ {l i 


(YI) 
Vincono i Doci fuoi; ma trà catene 
. Trarlì non ponno in Roma al trionfale 
Lor cocchio avvinti: il tuo grand’ Avo ancors 
Vinfe Annibale sì, ma in duri ceppi 
Poi ffringer nol poteo: dato alla fuga 
Afdrubale farafli, e in lieve legno 
Fidato al Mar rivolta avrà la prora 
A° lidi d’Afia, al par dell'altro. 
Claud. Io credo; 
Che tugato qual è, mediti gncora 
Con l’efercito fuo de’ nuovi aguati, 
Onde eterno fofpetto-avrem, fe noto 
A noi non fia di (ua dimora il'luogo; >. 
O non fia prigionier. > - 
Scip. Chiaro ben tofto 
“= A noi fia il fuo rifugio, e il fuo deftino, 
Intanto ftian fopra le:mura î noftri.. 
Valorofi guerrier della nemica 
Cartago; e giuffo è ancor; che tal vittoria 
Con militari Giuochi or fi feteggi, 
Si fa un Efercizio militare di Picche con varie figure formato da 
due Squadre: dopo del quale feguitamo diverfi 
Giuochi a folo dì. Picca.: |. > 


Torna Scipione con Mancino se Claudio. 
Scip 11 valor voftro in finte pugne:ancora 
Moftrafte, o fempre, miei prodi Soldati; 
Ora a non finta-pugna il Ciel-v’invita, 
Mentre vifte ondeggiar non-lungi al Campo 
Fur nemiche bandiere ‘ 
Manco — 7 = E. di che temi; 
O invitto Duce? Echi forprender tenta 
Te vincitor da forti fchiere-or-:cinto? 
*Clavd. Alto Signor, ‘ben tua pindenza or: vede 
Qual’ uopo-fia di vigilanza; quando . 


Sit 


Non 


(VIE) 
viene Non preveduto-colpo è pià feroce. ‘ 
Valer. Confolo eccelfo, al Campo noftro or giunto 
E° Afdrubal co’ fuoi Duci; e teco chiede 
Di favellar. 
Scip. «To quì l’attendo; intanto 
Pare Pronto ftia ognun full’armi, e cauto offervi, 
vime Delle Squadre nemiche e i moti, e i pafli 
Golof. Chi detto avria, Signor, chi mai creduto, 
Che Afdrubale sì fier... 
Clavd, Egli fe’n viene. 
Viene Afdrabale co' fuoì Capitani, cd altri che 
rafcinano a terra Bandiere . 
> «Afdr. Quefto è il luogo, o Scipion, ove Anniballe 
Parlò al grand Avo tuo per noftro eterno 
Scorno detto Africano; e in quefto luogo 
Del vinto io fucceffor ora al Nipote 
Del vincitor favello; ma diverfa 
E’ la mia forte. Egli da forti fchiere 
Cinto parlava; e il (uo nemico ancora 
Non era il vincitor; io inerme, e vinto 
Al trionfante or parlo. Egli fconfitto 
Serbò il fuo orgoglio, e 1’ Africa perduta 
Mover 1’ Afia tentò contro di Roma. 
Or che fe giura a Roma il Mondo intero 
Oszni fafto, ogni fpeme io già depongo. 
Tante Squadre però, benchè fugate 
Reftanmi in piedi ancor, che forfe un giorna 
Da onor punte potrian tentar la forte. 
So, che fugate effe di nuovo, e eftinte 
Sarebbero da te; lo fo, che pugna 
Teco aver non fi può fenza efler vinto; > 
Ma tinte andriano alfin di Roman fangue 
Le notre fpade. Un colpo tal non voglio 
Però tentar: faria ciò un. far contralto 
AI voler del Deltin: ei trionfante 


i vuol; ceder conviene: il tuo trionfo 
Cl Af4rubal fugato, è Afdrubal vinto: 
E che vinto fe”"n viene a offrir fe Mello 
A i ceppi. Il tuo grand’ Avo un tal trionfo 
Sopra Annibal non ebbe. Eccomi, o Scipio 
Co'primi Duci miei depongo il brando 
A’ piedi tuoi. Sù via ftendete al fuolo 
Gli Africani ftendardi; e tu, è gran Duce; 
Sù lì calpeta: la tua forte il vuole. 

Qual vedi me darfi per vinto; il mio 
x \Gampo intero vedrai di quattro volte 
Diecì mila Soldati: evento ftrano, 
Non forfe udito mai, da non udirfi É 
Forfe mai più: sò, che n’andran penfofi 
1 fecolì venturi; ma. parlando 
Di me, dovran di te parlare ancora: 
Nè potrano tacciàr me di viltade; 
Perchè nota a lor fia l'alta tua gloria; 
E il nome tuo farà del mio difefa. 

Scip. Non è viltade il fuo feguir deftino: 

Me non farà giammai fuperbo il mio: 
Benchè vinto fia Afdrubale; non merta 
Ir fenza ìl brando; a te lo rendo: in queto 
Ampio mio Campo in libertade i pafli 
Trar tu potrai co’ tuoì più fidi al fianco. 

Valer. Confolo; Annon della Città il Pretore 
Al Campo noftro giunto umilé, or brama 
Di venire a’ thoì piedi, «>; è 

Scipi sett: Ei venga tofto. 

- Viene Annone con Valerio: 

Ann. Poichè, Signor, fe ’n venne il Duce noftro 
Afdrubale a tue piante, or poca gloria 
Èffer puote per te, che venga Annone 
Di Cartago il Pretore. Allor che intefi 

 Ch'egli a darfi per vinto a te venia A 
- uor 


RIU (IX. } = 
Fuof di fpeme Cartago allora io vidi; 


‘ E certo, o più non ponno i Numi fuoi; v 


Oppur niegano a lei pietade, e.aita; ‘ 
Dunque fi vada, io diffi a’ difperati 

Miei Cittadini, omai fi vada al forte 

Scipio, ed in me fi proftri a lui l'intera 
Cittade: il Ciel vinti ci vuole, è forza 
Effer, quai vuol. Non reco a te le chiavi; 
Che già i guerrieri tuoi ftan fulle mura: 

A te pace non chieggo or, poichè pace 
Chieder non dee chi non può far più guerra: 
Vengo a chieder pietade, e tu col darti 


©. Vinto, o Afdrubale, tu mi fpignia terra. 


Scip. 


Pietà, Signor, pietà dell’infelice 
Mia Patria: fo, che Roma ha già prefcritto 
Il fuo eccidio total; ma tu l’hai vinta, 
Scipione; ah tu la ferba; che feppure 
Il fuo eccidio t’ aggrada, il tuo trionfo 
Pria vieni a felteggiar fulla tua preda. 
Più fuperbo non fia quello di Roma. 
Quì in ogni via proftrate a tuoi vedrai 
Piedi le genti, e il trionfali tuo cocchio 
Sopra potrai condurvi. A fcorger vieni; 
Quale augulta Città da te fia vinta, 
E tua gloria fia paga, o nel ferbarla 
Per pietade, o in diftruggerla fia paga 
Per vanto tuo. 

Ritorna al fianco il brando, 
A te fia pur libero il campo mio, 
E di Cartago attendi quì il deltino. 


[|> 


Seno 


(x) 


Serio dì Mare, e viduta .d' altifimo Scoglio. Viene il Genio. dì 
Roma accompagnato da fei Cavalieri, i quali vedendo compa. 
tir fallo fcogho Donna Cartaginefe per &ittarfi con due piccioli 
Figli in quel Seno, accompagnano con aria grave, e ‘lugubre 
e con mute azioni, è gefti gli atti della dijperata Donna, e 
di que’ Fanciglli: Sorge intanto dal Mare gran Conchiglia, 
da cuì apertafi viene a terra acconipagnata da quattro Glay. 
chi Tetide y la quale in fegno di vaflallaggio prefenta lo Scettro 
del mare al Genio di Roma; a piè del quale viea poò anche a 
ra[fegnarfida Donna co’ foi Fisluoli. Danzano quindi i Glau- 
chi accompagnati talvolta. da Tetide, dalia Donna, e da' 
Fanciulli, © tornati poi con Tetide nella conchiglia, danza il 
Genio di Roma colla Donna, co Figli di Lei, e co’ (ei Cava. 
lieri Romani. E ni 


Fine della Prima Azione i 


C omponimento: del S ie. Cor Rimaldo de’ C umani Pa- 
dovano Accademico-ds Lettere, e d' Armi. 


(XL) 


CANTATA 
PRIMA. 


Il Genio di Roma: 


E Tù non balta all'alta Roma 
P Tutta omai la terra doma, ask 
i Vuole il regno ancor {ul mar. 
Vinta Europa, Afia in catene; 
Spenta d’ Africa la fpene,_ 
Vien full’ onde a trionfar. 
Più &c. 
To fuo gran genio: accendo in lei defio 
D' accrefcer nuavi regni a i già (oggetti. 
Invan Teri divife 
Il Mondo in parti, e in van di lor commife 
Lo fcettro a più Regnanti: 
E dall’un regno all’altro 
Tentò con. venti, e con tempefte invano 
Vietarne il varco al gran valor Romano. 
Il defio della gloria è in lui sì vafto, 
Che dell’ onde nè pur teme il contrafto. 
Sì, la Reina altera, 
Che ancor ali’onde impera 
Mi giurerà fua fè 
Depofto il fiero orgoglia, 
Si proftrerà al mio foglio, , 
Si piegherà al. mio più. 
Sì la &c. 


Del Sig. Cor Mario Sanviti Piacentino Principe d' 
Armi, ed Accademico di Lettere. 7 i 
ì Biz. ; i 


CX) 


AZIONE 
SECONDA, 


Afdrubaley ed Annone vengono contraflando infieme: 
> inn. NO, qual fia di Cartago il fier deftino, 
— Qual di Scipio la forte, e qual di Roma; 
Ma fo, che dieci, e trenta mila armati 
‘Tal potean far contrafto ancor, che forfe 
Vincitori tornar potean un giorno 
Alle lor patrie mura, e ciò da lungi 
Roma veder mordendo invan le dita. 
Parrà favola a i Secoli venturi, 
Che tanti armati al fine d’alta, e brando 
Abbian curvato il collo a fervil giogo. 
«fd. Cingono, è ver, la {pada al fianco, e in mano 
© Han l’afte atte a fpezzar gli avverfi usberghi; 
Ma di Soldato il cor non hanno in petto; 
Anzi tremanti, e timidi mirando 
De’lor compagni l’armi infrante e gli Elmi, 
E i tronchi fufti galleggiar full’onda 
Del vicin mare, tutti ad una voce 
Giuran di più non azzuffarfi in Campo 
Co i Romani; e par lor con quei pugnando 
Di pugnar con gli Dei, non co’ Mortali, 
Onde vogliori piuttofto in duri ceppi 
Con onta, e fcorno terminar la vita; 
Che generofi in nuovi affalti il fangue 
| — Dalle vene verfar per la lor Patria. — 
°_ . {Così diceano, quando ad alta pugna 
Animarli io tentai, Che allor non diflì, 


XIII. 

Che mai non feci? I fommi Dei lo fanno: 
Io gli fgridai di vili, e di codardi, 
E in fin lor minacciai tormenti, e morte; 
Ma fpargo intanto le minaccie a i venti. 
Non v’ha tra lor un forte fol, con cui 
Jo potefli viltà punir ne i vili; 
Ed io che far potea folo tra tanti? 
Andrò dunque, io gridai ben’alto allora; 
Io fommo voftro Duce, e di Cartago 
Ad un Romano andrò chinando nuda 
Dell'Elmo ufato l’onorata telta, 
Ad offrir noi quai vittime fervili, 
Che pregan per pietade i ceppi al piede 
Si vada pur, fi vada: una fol voce 
Fè allor fonar tutta la felva intorno, 
Ed io fdegnato allor gridai: fi vada 
A Scipione, fi vada. 

Linn. i I vili dunque 

De’ Padri lor i sì feroci fdegni 
Più non rammentan, che fer gir del (angue 
Romano tanti fiumi tinti al Mare? 

Ah qual’anime indegne or ha Cartago! 
«fifdr. E pur de’ Padri a rammentar sì lungi - 
© Ir non dovean gli efempli: i due mie’ figli, 

La conforte, de i vili armati a vifta 

Mi fi gettaro a i piè, quefte ginocchia 

Stringendo infra le braccia, e co’ lamenti, 

Co pianti; e {manie volean pur dall’opra 

Sì vergognofa me ritrarre allora; 

Ma l’illuftre, magnanimo portento 

Di una Donna, che fola oprò da forte 

Inun Campo guerrier,: non vinfe i vili; 

Anzi faceano ancor fonar tal voce: 

Si vada a Scipio; al gran Scipio fi vada! 

Jo ftanco alfin di tal viltade, tofto 
i E SIR 3 Vengo 


i (XIV)... 
Vengo.di Roma al Campo, e de’ miei figli; 
E della Madre lor nulla curando 
Le ftrida, e i pianti, alle catene il piede 
Di me, de’ miei, di tutti infiem prometto; 
Ma fai perchè vide di Roma il Duce | 
-° Darfi per vinto il Duce dl Cartago ? 
Perchè vogl’io con quefto ferro ifteffo, 
Ch'ei già mi refe, far, ch’ei per.mia mano 
Eftinto giaccia fulla nuda arena; 
Giacchè vana è la forza, ufiam: la frode, 
E fi copra vilcà col tradimento. 
Barbari Dei, ch’ in Van poter vantate; 
Voi sì col rende? vano ogni fio sforzo 
Spingete il mio valote a tale inganno, 
E del delitto mio la colpa è voftra. 
«Ann. O degno figlio della.imia Cartago, 
Lafcia, che ancor trà tante angofcie, e affanni: 
Io raffereni il ciglio, e lafcia, o prode, 5 
O forte, ch’io ti &iringa infra le braccia. (abbracciare) 
Quel’ Afdrubale fei, che fempre fofti. 
Jo pure lieto al Confolo me%n venni 
A tramar di fua morte il gran momento -‘ 
Con tranquillo fembiante offrendo-a lui. 
In fuo ricetto.il:pubblico‘palagio; — 
Per arderlo.col fuoco in. quel foggiorno: 
Il fa Cartago,.é lieta già ne gode, 
E purchè pera l'èmulo Romano: 
de Perir ndn-éura; too cali cioe > ; 
A)dr. O in ver di miglior forte 
SS Degno, faggio,..magnanimo Campione! 
Spero al certo, ‘ché tioftri voti, e l’opre 
Non faran-vane. Toda Romani.al mio 
Campo fuggiti; intefî, che il Legato © 
Di Roma, e che Miciffa; uno de i ‘figli 
Del già defunto -Re della Numidia Ca 
N i Nudrtas 


Nudrano contro Scipio odio, e livore. 
‘ Quegli invidia l’onor della vittoria; . . 
Quetti mal foffre (e in ciò ben molto io £pero). 
Co'fuoi fratelli al par regnare in foglio, 
A lui dovuto fol, che primier nacque; 
Ond°io fpeme formai fu queta voce; ti 
Ma parmi più ficuro il tuo difegno. CN 
Segui pur... ... ma il Roman Confol fe?n viene. 
Viene Scipione cos Mancino, Valerio, e Guardie + 
4fk. Amico, è d’uopo, che mutiam favella.: i 
Condanna Annone pur me.di codardo, 
Dei gionofo Scipio a me la gloria 
Sa:a difcolpa. l 
dun. , In fervida battaglia 
Amato avria piuttofto o nel tuo Campo 
Farti fuo prigionier, Scipione: allora 
Nel trionfal fuo carro andria più lieto 
A mirar di Cartago i gran palagi; 
Ora sì verde alla {ua fronte intorno i 
Non fplenderà l’allor; ma pure io fpero  - 
Più di pietade in lui per quelle mura; o se? 
Che in-fua mano lafciar la propria forte... 
Scip. E° de’ Romani ufar pietade a 1 vinti 
Coftume antico; intanto pria vuol Roma 
Ufar giutizia, onde io render or debbo 
A Sicila le fpoglie, a cui Cartago 
Le rapì un giorno: or di Cartago tratte 
Si rendano ben tofto a i Siciliani. (rivolto alle guardie) 
Ann Ahi che il crudel la Patria noffra vuole. i 
544 Prma fp gliar, pofcia adequarla al fuola. 
Ajar. Il Ciel diaci il poter di vendicarla. 
ad Anna Da CA È ce s ni 
Manc. Di tali (poglie al fin Roma è Signora; 
O Scipio, e tu pur dei_ferbar fuoî dritti. + 
Se di Sicilia furo; or non lo fono; — | - —-< 


(XVI) — 
Son di Cartagò; ch'ora è vinta in guertà 
Dal valor noftro. Pria la gloria, e poi 
La preda alletta i Cittadin di Roma 
A cinger brando, e fe di mille fchiere 
A fronte han vinto al fin » di loro ancora 
Siano le fpoglie 
Valer. - Il premio è quefto dunque; 
Ch'a tanto fangue fparfo a rivi in Campo 
Or doni? Quei, che in man ftrinfero il ferro 
Di Roma fur, non di Sicilia i figli; 
E quei foldati, che d’ Africa tutta 
Le terre, î Regnì, iDuciì han vinti, e prefi; 
Quei, che verfar, pugnando, tanto fangue- 
De' nemici; ficchè n’ andar coperti 
Di cadaveri i pianì, i colli, e i monitì 
Sotto le voftre militari infegne 
Valorofi pugnar già non vorranno; 
Nè più usbergo veftir, nè cinger fpada; 
Se ingiufto la mercede a lor dovuta 
Tu nieghi ancor: 
Scip. i Altra mercede avranno; 
3 Già dato è il cenno, e che s'adempia io voglio; 
Vengano intanto a fefteggiar con giuochi, 
E pompe militari il nuovo acquifto 
Delle fpoglie rapite i Siciliani; 
E tu Legato, e tu Tribuno, a miei 
Comandi men ritrofi effer dovrelte; 
( Il mio voler fi faccia: e vi rammenti; . 
Chio fon Confolo, io Duce, io Vincitore: 
Scipione con guardie parte. 
Mans: Tu fei Confolo, e Duce, e Vincitore, 
Ma nen il Re di Roma, e de’ Romani. 
| Valer. Ahi, ch'io prevedo e guerre, ftragi, e morti 
—_— Da quefto ingiufto, e sì fatal comando. 
Soffri l’offefa nen vorranno i noftri, E n 


n 


(XVII) 
E fi vedranno le Romane fchiere 
L’ Aquile oppor ad Aquile, e far fronte 
A chi di Scipio efeguirà il comando. 
Le mie (quadre foffrir certo nol ponno; 
.. E foffrir io nol poffo. 
Manc. Opra da forte. 
Mancino, e Valerio partono. 
4/dr. Speriamo, Annone: nel vicin tumulto 
Il brando oprar potremo. O Giove, al fine 
Anche in Cartago a te fumano incenfi. 
Parte -Afdrubale ‘ed Annone. 


Varj Affalti di Spada. Poi Gioftra di Picche , e Ban. 
° diere framezzata con Giuocbi 4 folo dell 
ifefe Armi, cd Infegne. 


Vengono Afdrubale, Mancino, e Valerio. 
Afdr E giuto il voftro fdegno: ame l'.ficia 
Voftra pur fpiace ancor: io non credea 
Che le rapite fpoglie a i Siciliani ate 
Render unqua doveffe il vincitore, . 
Sol perchè fur di loro un tempo. Come 
Voi, che col brando ignuzo il varco aprifte; 
Per cui vedrafli ir trionfante in cocchio 
Voi dalla preda ne farete efclun? 
E di Ruma trionfa, e di Cartago 
Con ciò Sicilia; ingiufto ben fi mo@tra, 
E tiranno con l'uno il vo@tro Scipio, 
E barbara con l'altra, e inficm crudele. 
Manc. La fortuna, cha Ivi diè le vittorie 
Gl'ifpira troppo orgoglio; ei fpera in-quefla;---- 
E non rammenta, che l'augufta Roma: sas 
Più non ha Regi, e i Confol Romani 
Prefto Jafciano il feggio, e debbon pronti tai 


AI Senato ubbidir, che loro impera: .—..-- 7 
c 


(XVIII) 
Il fa l’Avolo fuo, che delle prede 
AIl Africa rapite, a i Senatori 
Render conto fu al fine in foro aftretto, 
Ed ei fa ancor, quanto gli fu contefo 
Il Confolato, a cui per gli anni fuoi 
Di troppo frefca etade atto non era; 
E faggio era il penfiero. Egli or di tanti 
Soldati a fcorno incanutiti in Campo 
Opra fenza configlio, e per bizzario 
Iitinto giovanil. 
fd. Ma tu di Roma 
© Il Legato non fei? Tu non puoi nulla? 
Libero parla, e da” Roman: dovrai 
Tacer pur tu, qual femplice Soldato? 
Faler. Perdona, o Duce: nò, non denno i noftri 
.  Mutoli venerar di Scipio i cenni: 
Già di Roma-prevengono lo.fdegno; 
E.temo, che vedranfi i ferri in alto 
Balenanti cozzar l'uno con l’altro. 
gifdr. Prodi Romani, il nome, il valor voftro 
Troppo è già noto; ma fe tante fpoglie 
Fuor di man vi lafciafte, ì Siciliani 
Di voi fcherno fariano, e poi la fama 
Gir fi vedrebbe.a.volo errante, e vaga, 
E ofcurando n'andria la gloria voftra. 
Io vinto, e prigionier al mio deftino 
To cedo; abbia da voi le leggi il Mondo, 
L’abbia Gartago; al fin tutto fia voftro, 
Ma poi d'altri non fia la pieda; Roma 
Su noi trionfi; ma di noi, di Roma 
Non-trionfi Sicilia . 
Mae. O Duce, al tuo 
Configlio grazie io rendo, e ftorfe in opia 
Ben tofto il vedrai porre; intanto a’ noftri 
Andiam, Valerio, È 
TRO - Parte 


( XIX: 
Parte Valerio, e Mancino: 

Sd Io pur da lungi voglio 

Seguirli; ma venir veggo Micifla. 

Viene Micifa. guisd 

Micif. Forfe vedremti alfin, fciolti tuoi lacci; 

Ritornare a Cartago, e forfe un giorno 

Ti vedremo ful Tebro. Ognor nemica 

Non è fortuna, efi lufinga in vano 

Roma, che fia ridente ognor per lei. 


Io fpero, 0 Duce, affai, fe all’opra mia 


. Tu vuoi preftar il braccio. 
A[4r. O Rege illuftre 


E di me puoi temer? 

Micif Il Campo in parte; 

« Già mormora, già freme, e già fi pone 
Sull’armi a pugnar pronto; onde poi quando 
Il Confolo ufcirà dalle fue tende 
Per raffrenare i fuoi, voglio; che cada: 
Ambi l’affaliremo, e vedrem pofcia 
Se Scipio allor fuggir potranne il colpo. 

fd. Oh Dei, qual gioja mai m’inonda il feno! 
S' unqua ritorno alle mie patrie mura, 
Mic:ffa, giuro, che dal tuo retaggio 
Jo caccie:ò gli ufurpator fratelli ; 
Regnerai folo in pace. ; 

Aicif: To fui di Roma 
Sempre nemico, e ancor morto farollo: 
A!la ragion del Regno io cedo, e troppo 
Mi reca affanno il rimirar la noftra 
Africa fchiava della vile Europa. 

Si tenti il fuo rifcatto. 

Lie. Andiamo duuque; 
Andiamo; e mentre ferverà la mifchia, 
Teatiamo pure di fvenare accanto 
A° iuoi ftefli guerrier l'altero Scipio. 

C2 


Già 


(XX) 
Già fon vinto; € perduto; io più non curo 
La morte, e quella fol di Scipio io chieggio. 
Per te amata Cartago io prigioniero 
Vado morte a incontrar: per le mie mani 
Cada il tuo vincitor, e poi da mille 
Spade trafitto io fia: mniî farà dolce 
Il mio morir, fe potrò dir, morendo: 
To fvenai Scipio; o durerà Cartago, 
O per fue mani ella non fia di&trutta. 


Deliziofa col Tempio dell’ Eternità alzato nel mezzo. Scipione 
preceduto da fei Cavalieti. Romani, e dalla Fama ien.pei è 
da quefia condotto al Tempio; nel quale, aperiofi al fuo ar- 
vivo , egli è coronato d’ alloro . I fei Cavalieri danzando in 
aria allegra fono interrotti dall'ombre di quattro Eroi de' cam. 
pi Elf ufciti del Tempio, 6 flrafcinanti due di loro il deftino 
di Cartagine, che vilafciano poi nelle mani di ‘que Cavalieri. 
Il detto Deftino cinto di fue cetene chiede pietà a quell Om. 
bre, e vedendofi da effe fcbernito, va a gettarfi f-pa d'un 
faffo. Avanzatofi allora fu! largo della Scena Scipione corona» 
to d'alloro, e feguito dalla Fama, danza co fei Romani, e 
più volte abbraccia, e ringrazia l Ombre de' fuoi Eftinti, ti 
conofcendo da ef la virtà, e dl valore: e quefte corrifpondoso, 
e fi ritirano poi nel Tempio, il qual fi chiude Tutti gli altri 
Perlonaggi nella Contradanza conducono feco_!' ncatenato De- 
‘ftizo di Cartagine 0% : 


Fine della Seconda Azione. 
Componimento del Sig. Co: Francefco Muzzarelli 
Ferrarefe Accademico d'Armi, e di Lett., e 

Segretario dell'Accademia . 


CAN. 


= 


{XXL) 


CANTATA 
SECONDA. 


La Fama: 


Ofui vanni miei leggeri 
De i lucenti-ardui fentieri 
Spiego il volo, 
Dall’occafo a i lidi Eoi. 
E col fuon d° eterne trombe 
Fo, che in ecco alto rimbombe 
Ogni fuolo 
De’ gran nomi degli Eroi. 
Io &c. 
Nè paga io fon, che d’aurei ferti onufte 
Le belle opre onorate 
Meco vegganfi al piede, e terre, e mari 
Su lor fcorrendo: Io vò, che l’ orme augufte 
Ogni futura etate 
Di ricalcar fi vante: 
Nè il Veglio alato altero 
Ufar tenti fu lor del crudo impero: 
Jo con gli Eroi per man, che al fuolo efempio 
Di virtute lafciar, trattando l’ aure 
Poggio talor d’ Eternitace al Tempio, 
| E inalzo quei foura marmorei fcanni 
A trionfar degli anni. 
A perdervi colà fecoli andrete, 
E là di Scipio lo fplendor vedrete: 
. Scipio il cui nome eterno 
Vivrà di fiera invida morte a fcherno: i 
È ' se Finchè 


(ZXIL ) 

Finchè a fcior di notte il velo 

Sorgerà I’ Aurora in Cielo 

Il gran nome altero andrà. - 
Membreran fue prove i carpi, 
Che mirar del brando i lampi, 
Onde al fuol Cartago or và. 

Finchè &te. 


Del Sig. Lelio Ottolini Patrizio Lucchefey Accade 
mico dî Letterey e d'Armi, 


cir AZIO: 


(XXIII, ) 


Scipione, Afdvsbale, Goloffa , Mancino, € Valerio è 


a Ancor fofpefo, e penfierofo ancora 
Sul deftin di Cartago non rifolvi? 
Pera l’empia Cittade, arda i palagi 
d Nube errante di fiamma, e l’ aer denfa 
Scrpafli mifto alle faville etreme 

Delle Torri la cima; e ratto afcerda 

Perdentefi ne i neri atri vapori, 

Cui preflo sè trac de’ Pianeti il Nume. 

Vegga le Madre incenerito il Figlio. 

Veggan trafheti in la famante arena 

I Conforti le Spofe a un lampo folo 

De’ Brandi, cui ruotin per alto intorno 

Le Quirine Mafnade: arfa, e diftrutta 

Cada Cartago: il dirlo a te s'afpetta, 

Noi dovrem farlo: è rempo omai: rifolvi. 
Scip Giufto faria l’eccidio; al magno Cato 

Ciò parve ancor: egli al Senato, e a Roma 

Rettia per anche il ripetea fovente. 
Manc. Parlava ci fol per odio, e per rancore, 

Il politico oprar nulla curando. 

Sai ben, che quando d’altri affari ancora . 

Parlar folea l’auguto, almo Senato; 

Ei dicea ognor: diftruggafi Cartago. 

Opra dite fia,-ch’ella ferbi intatte 

Le gfavi mura or quali le veggiamo 

Per metà fparfe in full’arenay e i marmi] 


Golo]. 


Gui 


( XXIV. 
Cui per più luftri non'edace il tempa - 
°° ‘Onora, e cole, 1 rai del Sol riflefi 
‘Gettino in faccia alle pareti oppofte. 
Scip.Io feguirei così del già palato‘ - 
Altro Scipio il parer;. voleala in piedi; 
Onde ftimol d’ onor feffle a i Romani. 
Golf: Egli voleala in piedi fol per zelo 
Di Roma,.e fol d’invidia arde Mancino. 
Eì non vorrebbe, che cadeffe a terra 
Arfa Cartago, fperando una volta 
Egli abbatterla poi: folle fperanza! 
Quefta fol gloria a te fi ferba, o Scipio; 
Tu hai vinta, e diftruggerla tu dei. 
#dr. Anzi invidia in Scipion parrebbe ancora; 
Quafi il campo a i Roman ch'uder voiefle 
Conquiftator venturi; in piè reftando 
Corqui:ftarla £ pud per più fiate; 
-Che fe fia per man voftra elia abbattuta, 
Oggi i vofîn fian gli uitimi trio.fi. 
Se l’avefle diftrutta il tuo grand’ Avo, 
Tua non fora la gloria, e tuo il bel vanto 
D’averla ora efpugnata; ei perchè falva 
Lei refe, fol ne fe: tu il viacitare: 
Tu col falvarla un dì farai, che fieno 
I tuoi Nipoti ancor vittoriofi. 
Mifera mia Caitago, o tuinfrii, 
O ferbarti fi. vuol de’ tuo nemici 
A itrlonfi oa, ni 
Scip. . Si faccia ciò, che piacque - 
AI più de’Senatori: in piè rimanga 
IL alta Cartago; ma fi vuoti affatto 
De’ Cittadini fuoi. Valerio al Campo 
Giungon le fpoglie omai de’ Siciliani: 
Che ognun della Cittade efca, e fi vuoti 
Elia del tutto; un fol’uom, mon vi refti. 


Afdr. 


=» (XXV.) 
(fd. Qual nuova foggia mai d'eccidio è quefta? 
Deh piuttofto ne fa di pietre infrante 
Un Monte eccelfo, o in cenere, e in faville 
Fa, che vada difciolta. 
: Ella fi vuoti. 
Parte Valerio, Scipione, e Golofla, è 
i Reftano Afdrubale, e Mancino. 
Afdr. Dunque fia vero, o mia Patria infelice 
Di me più fventurata, che a tali onte 
Ti ferbi fol tuo barbaro deftino? 
Ben prefto le tue lunghe, ampie contrade . 
Ingombrar debbe atro, e folingo orrore. 
Sola farai, fe non che tuo compagno 
Fia nell’ orror l’eterno tuo filenzio. 
Jo già non mi credea d'avere indarno 
Sparfo a rivi il mio fangue in tua difefa; 
Ma troppo, troppo nel mirar da lunge 
Un qualche obbietto erran gli (guardi umani. 
E fpeffo avvien, che alle future cofe 
Penfando noi, noftro penfier delude 
Delia forte il non fermo, e dubbio impero. 
Oh Ddo, fe allor quando era in tua mente 
Cartago, e le ideate alte fue mura, 
Tera noto il funefto empio difegno; 
Ignoto fora di Cartago il nome, 
E fol rimafte nel pevGer le mura; 
O ide n’andrian gittati, e fparfi al vento 
I fecreti reconditi de’ fati. 
Il Popol di Quirino è valorofo; 
Ma regna in cor tiranno alma fuperba; 
Nè d’un popolo oppreffo aver pietade 
Da Romano mai fu; tanto in lor puote 
Defio di gloria, e ambizion d° impero. 
Empj Dei fiete voi l’alta cagione 
Di mie ruine acerbe: forfe voi 
D 


Scip. 


CKXVI. ) 
Me non curate, ed io v'abborro, e fprezzo; 
E fe que’ Dei, che vi crediam, voi folte, 
Men crudeli farefte, e meno ingiufti. 
Manc. Come? Un guerrier, qual tu sì generofo 
"Perde tofto il coraggio, e fi difpera? 
Tu pur dicefti, che la forte {peflo 
Cangia fue forme: ha ben Scipione ancora . 
I fuoi forti nemici, onde temere. 
Parte: Mancino, € viene Annone, 
«fd Udifti, Annone, il barbaro comanda 
Di Scipio? Ei vuol, che vuotifi Cartago; 
Scorno è per efla, e ben tu fteflo il vedi: 
Meglio fora atterrarla, anzicchè refti 
Nido, e ricetto delle fiere, e in felva, 
Di Cittade, che ella era, fi trasformi. 
Ann. Dunque fperar più non pofs' io, che Scipie 
Entri in Cartago; e-quiaci io diale il toco? 
Afdr Se efeguir non fi puote un tal difegno, 
Uccidiamlo nel fuo Campo mede[mo. 
It mio volere è fermo, e rifoluto. 
Farò il colpo, e morrò men difperato 
Dopo la morte del più fier nemico, . 
Ch' io vidi mai: d'uopo m'è del tuo braccio, 
E le fpade, :che-a noi diè il vincitore,. 
 Rivolgiam contro lui: ben ne difcolpa 
Dal tradimento, orrido è ver, la mia, 
- La tua fventura.-  . e 
Ant _ _ Ecco che:veggio appunto. 
Farfi zuffa nel Campo: un-tale incontro. 
Non tralafciam. Come ne’ tradimenti. 
E' propizia.la forte? - né 
Combattimento tra Romani parte fedeli | e parte rubelli a Scipio» 
ne, fignrato di Spade , e Alabardini : al quale fuccede altro 
Combattimento pur: fistirato con fciable , targhe ; e pugnali; 
veggenacfi poi cedere la parte de' Romani vabelli. — a 


> (RXXVIL) 
Sul fine di cui arriva Scipione, € Golofa: 
Omai fi freni 
Il tumulto: a che mai cotanto ardire? 
Afdrubale, Annone, e Micifa 
vanne verfo Scipione col ferro alla mano: 
Clavd. Guardati, o forte Scipio: eccomi pronto 
In difefa di te. 
Claudio fi getta dalla parte ds Scipione per difenderlo « 
Goloff. Sì il gran Scipione ni 
\ Salviamo; o Claudio, fe morir fia d’ uopo. - 
Cede la parte tumultuante; © fi veggono molti Soldati porfi d’ in 
forno a Scipione per cuffodirlo. Afdrubale, Annone, e Miciffa 
veggendo vano il lor tentativo, gettano furiofi i brandiper terra. 
Scip. Cingete intorno i Traditori. Quale, 
a Sold.O Clavdio, è la cagione del tumulto? 
Clavd. Alcune non volean di tue Coorti, 
Che a Siculi le tratte di Cartago 
Si rendeffero fpoglie; io mormorarne 
Avea da prima intefo, e per fcoprite 
Meglio il voler de’fediziofi, ho finto 
Di fecondarli: la tua gloria i veggo 
Che nemici produce al tuo valore. 
Quefto valore ammiro, e a re fon grato. 
Ben mi fovvien , che la mia vita, o grande 
Guerrier, è dono di re folo, e bene 
Mi rammento, che tu me la falvafti. 
Della vinta Cartago in fulle mura: 
Quel fangue, che non fparfi allora, io voglio, 
Anzi debbo, o Signor, per te verfarlo. . 
Scip. Si pongano in catene i: fediziofi 
gr Afdrubale, ed Annone: ‘ora apprendete 
ufiziaDi benefico Duce il fier rigore: 
U» Que’brandi, che di me contro volgefte, 
E che gittafte a terra, non fia mai . — — 
Che controalcun più gl’impugniate: il giuro. 
Da Clave 


Scipi 


CXXVIII. ) 

Clavdio s affretti di votar Cartago; 

Ed a fcorno maggior nelle più altere 

Mili d’abitator già fgombre,; e ‘vuote ’ 

I Romani Cavalli abbian l’ albergo 

SE Clavdio parte. 
Z4/dr. E vedraffi giammai tanta empietade? 

Voi lo direte, o Secoli venturi. . 
Ann. E che ftupirti? Egli è Romano, e punto 
Non m'è nuovo il rigor. 
Meno d’ orgoglio; 
Ed alla infedeltade, e al tradimento 
v Meno alterì penfatei_ 

Ad . & S Io venni a darmi 

A te folo, pertrarti a morte; il dico, 

Nè mi piange vergogna; Uom fempre avvezzo 

Alle battaglie, e carco di ferite, 

Non teme di fuperba-alma Romana 

Il barbaro furor: grazie pur rendi 

A’ maladetti Dei, che a mio difpetto 

A’ piedi miei non cadde quel tuo gonfio 

Altero capo, orribile trofeo 

. Degno del braccio mio, della mia fpada. 
“Ann. lo d’ entrar in Città diedi il configlio, 

Sol per farti nel fuo perire. incendio. 

Avria veduto il Cittadino allora 

Tra fiamme involto il gran Scipione, il fermo 

Nel fuo penfier, quel, che volea, che fofie 

* Vuota Cartago, l'iticlito Nipote 
Dell’invitto altro Scipio, -il qual volea, 
Ma’ non potè, Anniballe inla gran Roma. 
Trarre nel fuo trionfo; e in fulle mura 
Di Cartago andria fcritta.la fatale 
Di voi mifera Storia; ma la forte, 
Che per altro a gli audaci applaude, e giova; 
Me ftegnola mirò, nè diemmi afcolto. 


Scip. 


Apdr 


XXIX.) 


(Afde. Dal franco noftro favellar comprendi, 


Scip 


Che di morte {prezziamo il truce afpetto: 

Solo voluto abbiam col deftin noftro 

È Rolo sforzo far; con Vincitori 
gogliofi , qual voi, lice la frode; 
omani ambiziofi! onde non paghi 

D'aver l'Europa a voi refa foggetta, 

L’ Afia, e l’ Africa ancor vorrefte in ceppi. 

Ma fia , che un giorno dopo tali, e tante 

Conquitte ingiuite, ed ufurpati Regni, 

E incendiate Città, dopo.aver refo 

Troppo Mondo foggetto al voftro Impero. 

Del comando contraftifi fra voi, 

E fpargiate l’un l’altro il voftro fangue 

A forza, ed il medefimo Senato, 

Cui dite venerando, anch’ei divenga 

D'un evento ferale orrida fcena. 


Si fparga appien da que’, ch’ora fedeli 
Ti fon cuftodi al fianco. 
Affai parlati; 
E ben prefto vedrem, fe il Campidoglio 
Puote fcemar tanta franchezza, e fdegno. 
Ma come contro me rivolto ancora 
O Miciffa tu folti? E° forfe quelta 
La mercede di chi ti pofe in Trono? 


Micif. Errai, Signore, e quì a' tuoi p è prottelo 


Sci. Non fi getti a miei pisdi un Re, qual fei. 


Ch'edo perdono al giovanile errore. 


Maffiniffa tuo Padre, a me sì caro, 

A tuo favor mi parla: a te perdono, 

E Re della Numidia io ti confermo. 
Ama il fuddito Regno; ama Goloffa 
Tuo leale Germano: altro non chieggo. 


" Micif. Generolo Scipion, mi vedrai fempre 


-Piaccia al Cielo, 0 Scipione, che il tuo fangue 


Grato 


> (XXX. ) 
Grato a’ tuoi beneficj: or sì m'hai vinto: 
Scip. Or la giufta fi dia pena ai Romani ‘ 
Sediziofi: chi rivolfe il ferro 
Contro de’fuoi, vada a lottar con belve; 
Si punifcano gli empj, e contumaci 
Cartaginefi, e pria di trarli a Roma 
In trionfo fi faccia lor vedere 
La defolata, e infiem vuota Cittade” 
De Romani deftrier fatta ricetto. 
Arriva Clavdio. 
Clavd. I Cittadini appena il tuo comando 
Hanno udito; che tofto difperatì 
Eglino fteffi han nelle loro Cafe 
Sparfo il fuoco: d’ Afdrubale la moglie 
Prima ha formato l’orrido difegno; 
Indi animando i già difpofti all’opra: 
Per noi Cartaginefi arda Cartago, 
Forte.efclama, per noi: sì gran trionfo 
A° Romani fi tolga; indi più faci 
Fa lanciar ne’ fuoi lari: il {uo furore 
Seguitan gli altri; e le fparfe in più moli 
Già s° unifcono vampe: allor co’ figli 
Tra la.denfa vorago delle fiamme, 
Afdrubale chiamando; ella {i getta. 
Tu ne vedrai tra poco alzarfi al Cielo 
Le vampe; il fumo ad-occupare intorno 
‘ L'aereo corfo: parmi udire ancora 
1 pianti delle genti; e lo ftridore 
Dell’offa accenfe: odo fifchiar le fiamme 
Serpeggianti, veloci, alte, e voraci. 
«Afdr. Gran Dio d’ Averno deh ricevi omai 
Nel profondo tuo fen d’ un difperato 
L'ombra truce, e fdegnofa: ancor non bafta 
Ciò, che s'è fatto a danno mio? Crudeli 
— Romani! a che fe:barmi in vita quando | 
n Soffrir 


a ACRAXI 
Soffrir dovea il deftin dì ui: e figli 

Arfi a un tratto dal focc? O mia ‘Conforte: 

Degna di miglior fato? Tu imitafti 

L alta Reina, che fondò Cartago, 

Lanciandoti nel foco: almen potedlì 

Jo imitare Anniballe, e col veleno, 

0) con fuga fottrarmi. Oh iniqui Dei! _ 

Mia vergogna eterna! Oh mio tormento! 

Ma forfe che di rabbia da qu a poco, 

Tuo mal grado, morrò, nè mi vedrai. 

Nella tua-Roma; o Scipio; e folo un giorno 

Con eguale piacer, fe pur potremo, 

Ci vedrem ambo miferi, e dolenti 

To nera ombra, e tu furia atra d’ Averno: 
Clav. Invan fofpira il difperato, e freme. 

Il tuo-grand’ Avo trar non potè a Roma 

In trionfo Anniballe, o Scipio, e folo 

Del Nipote oggi'è. gloria , il poter trarre 

Afdrubale: n’andrai faftofo intanto 

Alla patria Ci ttade; il Campidoglio 

T°afpetta imp'aziente, e a i fette Colli 

O imai s’aggi ‘a intorno ecco d’ applaulfi 

Già fento la egal onda del Tebro, 

Ch° alta. ripete in lieto fuon di pace. 

A i Colli, al Campidoglio, a Scipio, a Roma. 


Veggonf le ruine della difirutta Cartagine , e il piano si 
cangiato in abituro d’ Armenti, accanto al quale fi vede i 
Africa lagrimofa giacente a terra. Danzano quattro CLS: 
e quattro Paftorelle în aria villereccia, è pe I Afria 
ca în aria difperata, e veloce con gruppo di Serpi i 4a mano 
fcagliafi contro le Paftorelle, e ì Paftori per uccider ir 
dofi quindi Ja Reggia di Giove afifo (ul fuo Trono fcendono pi ì 
comando di Luì Marte con quattro Seguaci da una parte , 


j * altra. Venere con quattro 
Venere con quattro Amoretti dall’ altra. Ve I 54 


(XXXII) 

“Amoretti caccia l Africa dal campo, e manda ai lero Ar 
menti } Paftori, e le Paftorelle , che vi fono condotte per ma- 
no dagli Amoretti: Mar te poi co fuoî Seguaci, e con gli Amo= 
retti formano varj innecci intorno a Venere. più volte inchi. 
nandola: e fanno quindi lieta contraddanza tutti i detti Pen» 
fonaggi, regalati di corone d° alloro i Seguaci di Marte da i 
Paltori , e di vaghi fiori gli Amoretti dalle Paftorelle. 


da Fine della Terza Azione: 
Componimento Del Sig. Co: Carlo Carandini Modo: 


mefe Decano del Collegio Accademico di Lett.s 
ed' Armi, e Principe di Lettere. 


BXXXIII J 


Giove : 


Ompiuto è del Deltino < 
Il gran voler fupremo 
Su la forte Cartago: 
Giace l’alta Città diftrutta; ed arfa: 
Soffralo Giuno in pace, e omai s’ appaghi 
D'efferfi sì gran tempo 
Oppofta alle Romane eccelfe imprefe: 
Non all’ Africa vata 
Un troppo lungo impero era ferbato: 
A Roma fol ferbalo eterno il Fato. 
Perde ogni bella Pianta 
De le {ne frondi il verde; 
Solo ì Allor non perde 
Il bel color già mai. 
Egli di ftar fi vanta 
Contro Aquilon, che freme; 
E di languir non teme 


Del Sol cocente a i rai. 
Perde &c. 


Sono ferbate a Roma ‘ Te 

L' Alme più grandi, e altere; 1 ; 

Che il Mondo renderanno illuftre; e adorno. 

Di colà fcenderanno ‘ 

Ne la ventura etate ENT, 

Quelle, onde andran faftote 

La Germania , e l’Italia: e in quelle oh Ea 
__ E 


(XXXIV) 
Avrà fplendor l’augufto Sangue Eltende! 
2 Ei divifo in'due Ranîi { 
‘> Regnerà ful Tamigi, e {ul Panaro: 
"Ed allor che l’etade — 
Felice alfin fe”n vegna, 
© In cui di quelle fponde.. 
. Il gran RINALDO tenga in mano il freno; 
Quante virtù gli verferò'niel feno! 
Quante al fuo gran Figlio FRANCESCO, il cui 
Vanto farà di fomigliarfi al Padre! . 
E quante all'altra fua felice Prole! 
Altra fimil non vedrà allora il Sole. 
.».. Bel Panar tra le tue: {ponde 
.. Lieto wa.con rapid’onde, 
Ed afpetta quell'età. 
Tale allora avrai Regnante, 
Che fi pregì, e fol fi vante 
-— De la tua felicità. 
Del &xc. 


Del Sig. Marchefe Gio» Pietro Lucini Milanefe 
Accade mico di Lettere, e d' Armi. 


n 


tali A Signoti $ 


(XXXV.)h 


Signori, che gioftrano, danzano; e fi sferdicaho | in 
var) maneggi d° Armi! e.d’ Afte diftinti | per: ., 
°° cadauna ‘Azione fecondo le operazioni; — 
ed il earattere, che in quelle aviane 

no efercitàto, o-portato. : 


—_ 


Nell’ Azione Prima = © 
BALLO PRIMO. % 


Figurano î Cavalieri Romani 
Sig. March. Antonio Cafali Romano. - 
Sig. Co: Giovan Gabbi Reggiano Accad d' Armi. 
Sig. Lelio Ottolini Patrizio Lucchefe Accad. dì Lettere. 
Sig. March. Gio: Pietro Lucini: O i, a a 
Armi. 
Sig. Co: Aùtonio Rovida Milanefe . > 
Sig. Co: Antonio Mancaffli Piacentino, <——-- 


.Gli Africani. - 
Sig. Luigi di Porzia Co: del S. R. I di Carintbia» 
Sig. Grambattiffa Balda[fni Co: di Melaci dept 
Sig. Pietro Moroni Bergamafto. -- Vi a BE 
Sig. March Ferdinando Rovida Milanefe . 
. Sig. Co: Scipione Bofelli Bergamafco. i 
St. Co: Alvife Barzizza Bergamafco Nobile: Veneto. > - na, DE 


° Gli Anni. — 
Sia. Coil Federigo Toccoli Parmigiano” Accademico di gr, NA 


di Lettere . 
Sig. Cofantino Giropetrì Accad. di Less. 0R dom 


Sig. Co: Mario Sanviti Piacentino Accademico di Lair e a 
Ez Armi 


+ esta 


i ( XXXVI. ) 
Zini, e Principt d' Arma. 
Sig. March. Gio]effo Baldini Piacentino Accademico di Lett., ed _ 


Armi. 

‘Sig. Co: Francefco Muzzarell Fervarefe Accad. di Lettere; ed 
Armi, e Segretario dell’ Accademia, 

Sig. Co; Graziadio Rambaldi Veronefe Accad, d' Armi, 


0 Donna Romana: 
Sig. March. Ferrante Agnelli Soardi Mantoano. 


Sibilla. 
Sig. Cor Amos civ Bolognefe . 


Il Tempo. 
S®. Co: Francefco Gabbi Reggiano. 


Formano un:Ballo a due. 
Sg. March. Ferrante Agnelli Soardi . 
Sig. Co: Amos Cavalca . 


Efercizio militare figurato. 
Prima Schiera, 


Capitano, 
SR: Domenico Volpi da Bari. 


© Alfere. 
Sig. March. Gaetano Meli Lupi di sua Parmigiano Nobile 
Veneto. 


tw Cavalieri Romani, 
Sg. Co: Alfonfo Forni Modonefé . 

Sig. Co: Giovanni Zambeccari Bolognefe . 
® Co: Fenginando Ceh Modenge 


si. 


XXXVII.) 


Giovani dall’ Olna Bergamafco . 


+ March. Gaetano Faffati di Cafal Monferrato. 


Seconda Schiera. 


Capitano. 
Caval. di Malta Giofeffo Marcolini da Fano. 


Alfiere. 
March. Alfonfino Trotti Ferrarefe 


Cavalieri Africani. 


. Co: Francefco Forni Modenefe. 


March. Pio Enea degli Obizzi Fervarefe. 


. March. Francelco Riva Mantovano. 
. March. Giufeppe Monti Bolognefe . 
. Co: Francefco Trotti Ferrarele . 


March Gio: Francefco Rondinelli Ferrarefe: 


, Co: Gio: Maria Riminaldi Ferrarefe. 

. Profpero Tojchi Reggiano. 

. Co: Lodovico Maldoni Modenefe . 

. March. Francelro Millo di Cafal Monferrato) 
Sig. 


Ugolino Manelli Fiorentino . 


+ Cavaliere di S. Stefano Giambatti so a 
tifa Spreti Ravennate: 
. March. Carlo Mont; «Bolognefe . 4 i ni 3 


+ March. Luigi Pindemonti Veronefe . 

. March. Francefco Gavafini Ferrarele. 
. Co» Antonio Bofchetti Modenefe. 

. Co: Carlo Giufeppe Leonard; Novarefe. 
» Co: Federigo Bevilacqua Veronefe . 


BALLO 


CXXX VII) 
BALLO SECONDO. 
Rapprefentano 


Il Genio di Roma. 
Sig. Co: Franceleo Muzzarelli, che balla a folo: 


Suoi Seguaci. 
Sig. Co: Federigo T'occoli.. 
Sig. Coftantino Giropetri di Corfù. 

Sig. Marchefe Giofefo Baldini. 

Sig. Marchefe Antonio Cafali. © : 
Sig. Co: Carlo Giufti Verone(e Accad, d’ Armi. 
Sig. Co: Graziadio Rambaldi. 

Sig. Co» Giorgio Giufti Veronefe : 

Sig. Lelio Ottolini. £ 


nea Tetide! 
Sis. Marchefe Ferrante Agnelli. 


Donna Cartaginefe. 
Sig. Marchefe Francefeo Gavafini. «© — 
: uu Suoi Figli, (Lo 
Sîg. Marchefe Francefco Riva: ©» 
Sig. Co: Ferdinando Cefi. 


Sig. Co: Mario Sanviti. uu 
7g. Co: Giovanni ) : : 
Sig. Co: Francelco ) Fratelli Gabbi. 


Sig. Marchele Giampietro Lucini. 


I Glauchii © 


Sme dan 


2 * Danzaro 


(XXXIX.} 


a Danzano ‘a due. 
Sk. Co: Francefco Muzzarelli. : 
Sig. Marchefe Fevrante Agnelli . 


| Nell’ Azione Seconda. 


Gioftra di Picche, e Bandiere. 
ks Maneggiano le Picche. 
816. Co: Giovanni Gabbi. 


Sig. Marchéfe Ferdinando : » 
Di gr ; Fratelli Rovida. 


Sig Co: Scipione Bofelli . 


Le Bandiere. 
Sig. Luigi Co: di Porzia. 
Sig. Co: Giambattifia Pigbini Imolfe. i 
Sig. Co: Giambattifta Baldafini . > et, 
Sig. Co: Alvife Barzizza è 


Gioca-di Picca a folo: 
Sig. Co: Antonio Rovida. 


BALLO TERZO: 


Figurano i Romani. 
Sig. Co: Federigo Toccoli . SI 
Sig. Coftantino Giropetri.. 
Sig. Marchefe Giofeffo Baldini. ; Ci 
Sig. Marchefe Antonio Cafali . uo Le 
Sig. Co: Francefeo Muzzarelli. si * ERE 
Sig. Co: Graziadio Rambal&i. > 
Sig. Co: Gievanni Gabi . 
Sig. Marchefe Giampiettro Lucini. 


Ombre 


Sig. 
Sig. 
Sig. 
Sig. 


sg. 
Sig. 
Sk 


Sg: 
: Sig. 


Sg. 
Sig. 


Sì 
Sg, 


(XL) 


Ombre: 
‘Luigi Co: di Porzia) 
Co: Francefco Gabbi, 
Co: Antonio Rovida, 
Pietro Moroni. 


Scipione < 
Co: Mario Sanviti, che balla a folo: 


Fama: 
Cavaliere Giambattifia Spreti< 


Deftino di Cartagine! 
Co: Amos Cavalca, che balla a folo. 


Ballano a due:.. 
Co: Mario Sanviti. 
Cavaliere Giambattifia Spreti. 


Nell'Azione Terza. 


Fanno vati -Aftalti di Spada: 


Primo Affalto: 
Co: Mario Sanviti.: 
Cos Francefco Mazzarelli: 3 


.. Secondo Affalto; 
Marchefe Giampietro Lucini 
Co; Criftoforo Mazzini. 


'Terzo 


(XLI. } 


è 


E Terzo Affalto, 
Sig: IMarchefe Giofeffo Baldini: «© 
Sig. Co: Graziadio Rambaldi. 


Combattimento con Alabardini, Spade; e Targhe con 
varie figure tra Romani, e Romani parte fedeli, 
e parte rubelli a Scipione. 


Maneggiano gli Alabardini: 
Sig. Luigi Co: di Porzia. 
Sig. Co: Crifleforo Mazzini Ravennate Accad d' Armi, 
Sig. Co: Niccola Mauruzzi da Tolentino della Stacciola. 
Sig. Co: Girolamo Vimercati Sozzi Bergamafco . 


Le due Spade. 
Si9. Marchefe Giofeffo Baldini. 
Sig. Co: Graziadio Rambaldi. 
Sig. Co: Giorgio Giufti. 
Sig. Pietro Moroni. 


Le Bandiere; e Spade: 
Sig. Co Giovanni Galli. 
Sig. Co: Giambatifta Balda[fini. 
Sig. Co: Giambatifta Pighini. 
Sig, Co: «intonio Rovida. 


Combattono con Spade; e Targhe. 


Sie: Co: Alfonfo  ) , cd 
si Co: seo ) Fratelli Magnani 
Sig. March. Senatore Egano Lambertini Bolognefe : 
Sig: Giofeffo Rebufi Nobile Genovefe . 

Sig. March. Luigi di Canoffa Veronefe. 

Sig. D. Angelo Catanei Novarefe. 


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(XLI) 
Sig. Anton Felice Gaetano ‘de’ Nobili Patrizio Lucchefe Caval, 
di S. Maurizio. 

Sig. D. Gafparo ) Fratelli Caftelli di $ « Nazatro della <« » 
Sig. D. Giacomo) Valtellina. 0 

Sig. Francefco Tubertini Bolognefe. 

Sig. Ottaviano» Diodati Patrizio Lucchefe, 
Sig. Co: Egidio de Cumani Padovano. 
Sig. March. D. Carlo Trivulzi Milanefe . 
Sig Co: Anton Luigt Bofelli Ferrareje. 
Sig. March. Andrea Minerbetti Fiorentino. - 
Sig. March. Caval di Malta Vincenzo Giagni Fiorentino. 
Sig. Anton Maria Galli di Ofimo. 

Sig. Co:-Carlo Soderini Romanv.- -. 

Sig. March. Ippolito Rota om Accad di Lett. 

Sig. Urbano Parracciani Romano Accad. di Lett. 

Sig. March Francefco Millo di Cafal Monferrato. 

Sig. March. Bartolommeo Bolognini Bolognefe. 

Sig. Co: Giufeppe Arefi Milanefe. 
- Sig. Caval. Ippolito Amati di Poftoja. 


BALLO ULTIMO. 


Figurano i Paftori . 
Sig. Coftantîno Giropetri, che balla -a folo. 
Sig. March. Onofrio Catpori Misco Accad. £- = ; 
Sig March. Giofeffo Baldini. 
Sig: Co: Francefco Muzzarelli. 
Sig. Co: Graziadio:Rambaldiz <. © - 


Le Ninfe — RT 
— Sig. Caval Giambattifia: sSproti.. 
Sig Co: Giovanni Ancini. SINNT 
Sig. Co: Antonio Mancafoli. E 
Sig March. Gaetano Fafati. SEG 


Sig. 


Sg. 


Sig 


Sig. 
Sig. 
Sig. 


Sig. 


Sig. 
Sig. 
19. 
Sig. 


(XLII) 


sa Africa. 
Co: Scipione Bofelli, che baila a folo: 


_ Venere. 
Marchbefe Francefco Gavafini. 


Amoretti. 
Marcbefe Ferrante Agnelli. ia 
Marchefe Francefco Riva. a 
Co: Ferdinando Cefi. 
Co: Amos Cavalca. 


Marte. 
Lelio Ottolini. 


Seguaci fuoi. 
Co: Federico Toccoli. 
Co: Mario Sanviti. 
Co: Lucio Malvezzi B-lognefe . 
Marchefe Ferdinando Rovida . 


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